Di mondi diversi e anime affini di Mohamed Ismail Bayed e Raissa Russi. (Review Party).

“– Ti sei mai sentito diverso?
– Ogni giorno della mia vita.”

Cari Readers! 😀
Ecco la mia recensione per questo Review Party!
Ringrazio alexastrid_07 per avermi accettata nell’evento e la deagostinipublishing deaplanetalibri per la copia digitale.

Titolo: Di mondi diversi e anime affini di Mohamed Ismail Bayed e Raissa Russi.
Uscita: Il 18 maggio 2021.
Pagine: 205.
Editore: DeAgostini.
Genere: Narrativa. Autobiografia.
Costo: 16.00 cartaceo. 7.99 ebook.
Trama: “Una storia di formazione autentica e toccante, che spazza via i luoghi comuni con una ventata di freschezza e sa trasformarsi in un messaggio universale.
Si può crescere nella stessa città, camminare per le stesse strade, incontrare le stesse persone, ma vivere storie così lontane da sentirsi abitanti di due mondi diversi. Quella di Mohamed è la storia di un bambino che impara troppo presto a conoscere sulla propria pelle l’ostilità dettata dall’ignoranza, la cattiveria del branco e l’ipocrisia degli adulti. Un bambino dagli occhi grandi, pieni di sogni, che desidera provare quel senso di appartenenza e calore che ci fa sentire “a casa” e costruire un futuro migliore per sé e per la sua famiglia. Quella di Raissa è la storia di una bambina circondata da una bolla di amore e protetta da tutto ciò che è “diverso”, che si apre al mondo piena di curiosità e domande e vuole imparare a camminare sulle proprie gambe. Una bambina con un universo interiore vorticoso, che cerca una lente per mettere a frutto il suo talento e a fuoco il suo futuro. Due strade parallele che curvano l’una verso l’altra, sfiorandosi, fino ad arrivare a intrecciarsi e diventare una. Due anime affini che si riconoscono. Due “io” che diventano un “noi”. Perché, anche se si proviene da mondi diversi, si possono vivere le stesse emozioni: le paure, l’insicurezza, la fatica nell’accettazione di sé, la voglia di farcela, la capacità di sorridere, il desiderio di amare. Quella di Mohamed e Raissa è la storia di due ragazzi che si innamorano e affrontano insieme tutte le esperienze di una giovane coppia, scoprendo passioni in comune e quelle piccole diversità che ci rendono unici. Ma che imparano anche cosa significa lottare quotidianamente contro l’odio e i pregiudizi, e scelgono di non restare in silenzio, ma di usare l’autoironia come unica arma, trasformando le difficoltà in un’occasione di crescita personale e la loro storia in un punto di riferimento per tanti ragazzi e ragazze come loro. Per aprire insieme il primo capitolo di una storia nuova.

«Mia figlia ha undici anni: io non ho bisogno di spiegarle i fondamenti dell’antirazzismo, perché segue su TikTok Raissa e Momo che mettono in scena tutti i pregiudizi sulle coppie miste. E lo fanno divertendosi: sono due ragazzi giovani, che evidentemente si amano, e si divertono insieme.» – Sandro Veronesi

«Raissa e Momo sono la coppia più bella del mondo: due fidanzati che fanno gioiosamente a pezzi gli stereotipi.» – Danilo De Biasio direttore del Festival dei Diritti umani di Milano”

“Noi due siamo la prova che andare oltre alle apparenze, a volte, conviene. Siamo la dimostrazione che puoi crescere credendo al colpo di fulmine per poi scoprire che l’amore più grande può arrivare anche in un altro modo.”

Recensione: “I mondi di Momo e Raissa non potrebbero essere più diversi.
Momo nato in Marocco, è cresciuto fino ad una certa età spensierato, anche se in realtà delle tragedie avevano già toccato i suoi genitori.
Eppure, fin da quando ha memoria, hanno sempre fatto in modo di non far pesare nulla ai figli e di lasciarli avvolti da quella nuvola perfetta che solitamente circonda i bambini.
La famiglia di Momo è numerosa e unita, ma tutto cambia per un periodo quando sono costretti dalla loro società a lasciare il proprio paese.
Perché si, il Marocco come tutti i paesi del mondo ha i suoi pregi e i suoi difetti.
Come ogni paese ha delle mancanze e d’improvviso si sono ritrovati porte sbattute in faccia nei confronti della loro figlia Soukaina, affetta dalla sindrome di Down.
Perché in Marocco le persone con disabilità ancora non vengono ben viste, non esistono figure di supporto che le aiuti nel loro percorso scolastico e soprattutto, gli adulti che avrebbero dovuta difenderla, adulti come insegnanti, preferiscono chiudere gli occhi e non vedere quello che gli altri bambini le facevano a scuola.
Consigliando così a loro di tenersela a casa, neanche fosse un pacco postale invece che un essere umano come tutti noi.
Un essere umano che merita amore, affetto, un’istruzione, amici e un percorso scolastico che le permetta di poter poi immettersi nella vita adulta.
Invece di cercar di far ragionare i bambini e i loro genitori, hanno chiuso le porte in faccia a loro.
Così, non hanno avuto che una sola scelta e l’hanno presa senza pensarci troppo, perché era una decisione presa con il cuore.
Con l’amore che un genitore prova per i propri figli, pronti a qualsiasi sacrificio.
Quello di prendere le proprie cose, lasciare il proprio amato paese nonostante alcuni dolori e avventurarsi verso l’ignoto.
Con i documenti in mano, le valigie pronte sono partiti per l’Europa, prima verso Parigi, per poi finire a Torino.
Ma inizialmente non sono potuti partire tutti insieme, hanno dovuto per forza lasciare Momo dalla nonna.
Immaginatevi di vedere i vostri genitori partire, senza capire la ragione del fatto di essere lasciato indietro.
Non comprendere in quella giovane età che non ti stavano abbandonando, ma ti stavano momentaneamente lasciando dalla nonna per poter sistemarsi e dare un futuro migliore anche a te, oltre che a vostra sorella.
Vi immaginate la sofferenza di un bambino che pensa di essere stato abbandonato e che passa le giornate e serate seguenti a sperare di vederli tornare?
E vi immaginate la sofferenza di due genitori che si rendono conto che in quel momento il loro figlio non comprenderà la loro decisione e la sofferenza di sentirsi in colpa e impotenti per non poter fare altrimenti?
Una sofferenza tremenda per tutti.
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In contemporanea Raissa era una bambina che aveva tutto quello che una bambina può desiderare, oltre ad avere l’affetto e l’amore della famiglia, così come Momo con la sua.
Lei viveva sotto una cappa protettiva, dove non si rendeva conto della fortuna che aveva rispetto ad altri bambini magari meno fortunati di lei.
Ma è normale, un bambino concepisce il mondo in modo del tutto diverso e innocente rispetto agli adulti, o almeno quasi tutti nel mondo.
Ha provato diversi sport, diversi hobby, alla costante ricerca di un qualcosa che le piacesse, che le facesse provare felicità nel farlo.
Ritrovandosi ad abbandonare diversi hobby.
Per lei erano tutti uguali i bambini, ma a volte era circondata da genitori di altri bambini che dicevano cose molto brutte sugli stranieri.
Facendole per un periodo sembrare normale la “differenza”, nel senso brutto del significato e non nel senso bello che questo termine può anche avere.
Insomma, inizialmente la loro infanzia sembra per entrambi perfetta e bella a modo loro.
Ognuno con le proprie tradizioni, abitudini e a volte con quel senso di soffocamento dalle rispettive società.
Perché anche in Italia non tutto è perfetto, per alcuni se sei diverso non vai bene, sei pericoloso.
Per altri, se non vai in chiesa, sei malvisto.
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Le loro vite cambiano per entrambi quando poi iniziano la scuola.
Entrambi in Italia, perché nel frattempo Momo aveva raggiunto Torino.
Da qui in poi entrambi parlano della loro vita sia scolastica che privata.
Passando a raccontare della loro infanzia, adolescenza e inizio dell’età adulta.
Non voglio rivelarvi altro, perché sennò farei enormi spoiler.

Stile, tematiche trattate e riflessioni.

Lo stile di narrazione è scorrevole fin da subito e mai noioso o pesante.
Si entra subito nella loro vita, nei loro ricordi a partire dall’infanzia.
Momo e Raissa si raccontano a 360° gradi, mostrando a tutti noi lettori i loro pensieri e paure più intime.
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Questo libro racconta i pregiudizi in ogni sua forma e mostra che il pregiudizio esiste ovunque nel mondo, molte volte anche all’interno del proprio stesso paese di origine.
La famiglia di Momo ha conosciuto il pregiudizio, l’ignoranza e la cattiveria prima di tutto nel loro paese di origine, in Marocco.
Quando si sono visti sbattere tutte le porte in faccia quando avevano bisogno di aiuto per la loro figlia affetta dalla sindrome di Down.
Poi hanno assaggiato purtroppo il pregiudizio e il razzismo qua in Italia, proprio nella mia amata Torino, perché si, sono Torinese di nascita.
Purtroppo 30 anni fa il pregiudizio e il razzismo qui in Italia era ancora peggiore rispetto ai giorni nostri.
E molte persone non li hanno accolti benissimo, nonostante siano comunque entrati in modo legale e si siano sempre dati da fare a lavorare per se stessi e i propri figli, senza chiedere nulla a nessuno, se non il rispetto e un lavoro come ogni essere umano merita.
Momo ha provato il razzismo, il pregiudizio e il bullismo sulla sua pelle, in prima persona.
Ma d’altronde, a quei tempi prima ancora del razzismo e pregiudizio verso lo “straniero”, era ben radicato il razzismo e il pregiudizio verso gli Italiani stessi.
Eh si, il Nord non vedeva bene le persone del Sud.
E questo lo hanno appurato la famiglia da parte del padre di Raissa, arrivati su dalla Puglia.
Purtroppo il razzismo e i pregiudizi sono presenti ancora oggi.
Sia nei confronti dello “straniero” di turno, sia nei confronti degli Italiani stessi.
In tutto il mondo funziona ancora così, è inutile negarlo, dappertutto si può incontrare il razzista di turno che giudica l’altro per il colore della pelle, l’accento ecc…
Eh si, anche noi Italiani possiamo subire il razzismo, perché in molti si dimenticano che tutti siamo lo straniero di qualcuno e forse provare a mettersi dall’altra parte potrebbe far comprendere.
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Vedete, non sono ingenua, so benissimo che purtroppo il mondo non si cambia in pochi giorni.
Ma io voglio credere che prima o poi tutto il mondo capirà una cosa fondamentale: che siamo tutti ESSERI UMANI.

Le tematiche trattate sono diverse quindi.
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Razzismo.
Sia quello che hanno e che purtroppo continueranno a subire da qualcuno, Momo e la sua famiglia.
E sia quello che hanno subito in parte la famiglia di Raissa, da persone tra l’altro della stessa nazionalità.
Che d’altronde c’è un detto che circola qua, “se ci si odia tra Italiani, come si fa ad amare gli stranieri?”.
E se magari la smettessimo, anzi, la smettessero con tutto questo odio?
Dico smettessero, perché per me siamo tutti uguali e tutti sullo stesso piano.
Io NON mi sento superiore a nessuno.
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Pregiudizi.
Entrambi hanno subito per motivi ovviamente diversi il pregiudizio da parte di qualcuno.
Non posso svelarvi di più, perché rischierei di rovinarvi la lettura.
Ma potrete arrivarci da voi in che modo.
Momo legato alla sua nazionalità ecc…
Raissa legato al suo essere donna.
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Bullismo.
Momo come conseguenza del razzismo, ha subito anche il bullismo.
E’ questo è stato un tasto dolente per me da leggere.
Sapevo prima di iniziare la lettura della loro storia scritta nero su bianco, che non sarebbe stato facile.
Calcolando che conosco la cattiveria in prima persona, visto che io stessa ho subito per motivi chiaramente diversi dai suoi, il bullismo.
Ho immaginato che la sua infanzia e adolescenza non dev’essere stata facile, visto che purtroppo i Marocchini non sono ben visti in Italia.
Mi dispiace dirlo, ma è così.
Non mi fraintendete voi che starete leggendo in questo preciso momento la mia recensione.
Io sono fiera di essere Italiana e amo il mio paese, ma molte cose non vanno.
La mentalità di molte persone non va.
Perché tendono a fare di tutta l’erba un fascio e non è giusto.
Ma di certo non immaginavo anche tutto il resto.
Entrambi hanno sofferto, chi più chi meno, ma ogni dolore conta e di certo non si può sminuire il dolore degli altri con il proprio.
Però durante la lettura, ho provato un empatia leggermente più alta verso Momo, perché ripeto, anche se per motivi diversi, comprendo il terrore di tornare a scuola.
Comprendo l’essere lasciato solo nell’intervallo e cercare di stare lontano dai bulli, e vedere quelli che invece ti cercano apposta.
Comprendo il sentire le frecciatine, battutine di derisione al tuo passaggio e ogni frase era una pugnalata al cuore e delle lacrime mi sono scese al ricordo dei miei anni di scuola.
Non potrò mai comprendere cosa voglia dire subire il razzismo, e non mi permetterei mai e poi mai di dire che lo comprendo al 100% perché sono bianca, cresciuta nel paese in cui sono nata, quindi non ho mai subito del razzismo per la mia pelle o altro.
Ma anche se per motivi diversi, comprendo il dolore e la sofferenza legati al bullismo.
Visto che passavo le mie giornate a difendermi da insulti, prese in giro, derisioni, frecciatine, spintoni, lanci di oggetti addosso.
E ovviamente, i professori non vedevano mai, se non uno o due.
Quindi so quanto può essere tremendo il periodo scolastico e so cosa vuol dire sperare che non arrivi mai la mattina, perché non vuoi andare a scuola.
E molto probabilmente quello che sto per dire vi sembrerà stupido, perché non sarà la stessa cosa, ma avessi Momo davanti, gli direi: “Ciao, mi chiamo Alessandra. Vuoi andare a giocare a bowling o a chiacchierare?”.
So che non avrebbe lo stesso impatto di quanto avrebbe potuto averlo se in questo momento avessimo 8/10 anni.
Ma tornare indietro nel tempo non si può.
E comprendo le difficoltà economiche e i sacrifici.
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In conclusione


Ho apprezzato questo loro mettersi a nudo in questo libro.
E apprezzo la forza che hanno nel rispondere all’odio con ironia, anche se ovviamente non è facile.
Posso immaginare come si sentono dentro di se e come una parte di loro vorrebbe rispondere a tono.
Comprendo quando dicono che non si combatte l’odio con altro odio, davvero.
Lo comprendo e in parte lo penso anche io.
Ma è anche vero che non è facile e io so che per la maggior parte avrei risposto molto a tono ai messaggi che loro hanno ricevuto, fossi stata nei loro panni.
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Ho apprezzato i messaggi che entrambi hanno lanciato e le tematiche di cui entrambi hanno parlato, raccontando le loro esperienze.
Di Momo ve ne ho parlato già sopra, ma ho apprezzato anche il racconto di Raissa, non pensiate il contrario.
Ho apprezzato che ha avuto il coraggio di dire che non sapeva quale fosse la sua strada.
A volte uno ha paura nell’ammetterlo, perché la maggior parte delle persone la prima cosa che pensa è: “E’ una scusa perché non hai voglia di far nulla”, e non sempre è così.
Davvero ci sono persone che non trovano subito la propria strada.
Poi lanciano entrambi il messaggio dei problemi legati al fisico, al cibo ecc…
E mi piace il messaggio che hanno lanciato.
Che una persona deve prendersi cura di se stessa/o, in primis per se stessi appunto.
Per stare bene noi per primi in quanto a saluto e in quanto a pensiero mentale di piacersi o meno.
Quindi stare bene con noi stessi per noi e non per gli altri.
Lo si deve fare per se stessi.
In questo caso, per noi donne è leggermente peggio, NON fraintendetemi, anche per voi uomini può essere brutta l’opinione pubblica.
Ma noi donne siamo costantemente bombardate da immagini di modelle super magre, messe letteralmente ovunque.
Leggermente di più dei modelli uomini.
Sempre a dire che una donna è bella solo se magra, se ha una certa taglia.
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Raissa all’interno del libro racconta che per molto tempo ha vissuto male il suo rapporto con il cibo, perché lei doveva sempre apparire magrissima per il lavoro che faceva in quel momento e iniziava a pesarle tutta quella pressione e il dover rinunciare ad ogni tipo di cibo che magari poteva renderla felice, perché le piaceva.
Ovviamente anche Momo, comprendo quando nel suo racconto, spiega che aveva paura di mostrarsi in costume al mare, per l’opinione degli altri.
E altre cose che racconta, ovviamente anche le sofferenze di Momo con il cibo contano, spero di non essere fraintesa.
Ho deciso di non parlare troppo, o veramente vi racconto tutto il libro.
Mi sono concentrata su Momo per alcuni aspetti della sua storia e su Raissa su altri.
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Una cosa che però voglio dire ad entrambi, è di non smettere di credere nell’amicizia vera.
Tra le tematiche c’è anche questa all’interno della storia.
Capisco veramente le delusioni che avete provato, le ho provate anche io sulla mia pelle con molte persone che credevo amiche e invece non lo erano mai state.
Ma posso dirvi che arriverà anche per voi, anche voi troverete la vostra/il vostro migliore amica/o.
Io e la mia migliore amica ci conosciamo da quando avevamo sei anni e mezzo e lo siamo tutt’ora.
Lei c’è sempre stata per me e so che ci sarà sempre.
Come io per lei.
A differenza delle altre persone che credevo amiche/amici e invece poi si sono rivelate/i per quello che erano.
Non perdete le speranze, arriveranno anche per voi.
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Voto: 4.5/5.

“Ho trascorso gran parte della mia vita pensando di non meritare nulla di bello. Non meritavo un buon lavoro. Non meritavo di trovare l’amore. Ho pensato spesso di dover abbassare le mie aspettative e iniziare ad accontentarmi. Eppure non ho mai rinunciato. Le cose migliori arrivano, se siamo in grado di impegnarci per farle arrivare.”